“Rogue One” è riuscito dove “Il risveglio della Forza” ha fallito

Due "operazioni nostalgia" con due effetti molto diversi. E voi cosa ne pensate?

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La rivista “Rolling Stone” ha recentemente pubblicato un interessante articolo nel quale mette a confronto le “operazioni nostalgia” condotte rispettivamente da Il risveglio della ForzaRogue One. Ispirati dall’articolo, vi proponiamo di seguito un riassunto integrato con le nostre considerazioni, sperando di stimolare il vostro dibattito!

Come è noto a tutti, sia Episodio VII che la prima Star Wars Story slegata dalle trilogie hanno dato fondo alle polveri per quanto riguarda l’uso di easter egg, occhiolini più o meno espliciti ai fan veterani ed espedienti per collegare i nuovi capitoli della Saga alle precedenti trilogie, dopo ben dieci anni dall’ultimo film che, nelle intenzioni, avrebbe dovuto chiudere per sempre la storia cinematografica di STAR WARS. Ma perché Il risveglio della Forza è stato criticatissimo mentre Rogue One è stato definito uno dei migliori film della Saga di sempre? La risposta sta nei modi molto diversi con cui i due film si inseriscono nella mitologia starwarsiana e fanno uso degli easter egg.

Rogue One è intriso di nostalgia per sua stessa natura: ci racconta ciò che è avvenuto appena prima che “tutto” iniziasse, col furto dei piani della Morte Nera che la principessa Leia Organa sta portando in salvo a bordo della Tantive IV poco prima di essere abbordata da Darth Vader… e il resto è storia. Ma non solo: gli easter egg abbondano. Per la prima volta ricompare sul grande schermo, grazie alla magia del CGI, il famigerato Gran Moff Tarkin, crudele e cinico come l’avevamo conosciuto. Parte dell’azione si svolge nei luoghi conosciuti di Yavin IV e persino fra le fiamme di Mustafar, collegando così in un colpo solo tutte le trilogie.

E se non dovessero bastare plotoni di assaltatori e squadriglie di Ala-X guidate dagli stessi capitani che porteranno l’attacco alla Morte Nera, ecco che il film ci porta gli AT-AT, gli AT-ST, l’architettura delle stazioni da battaglia imperiali che pervadeva la trilogia classica, uno sguardo rapidissimo a R2-D2 e C-3PO e – come dimenticarlo! – il cameo di Evazan e Ponda Baba, i malviventi (“io sono condannato a morte su 12 sistemi”…) che avevamo conosciuto nella taverna di Mos Eisley. Persino l’abbigliamento richiama alla trilogia classica. In altre parole, un fan può ritrovare qui una miriade di riferimenti alla Saga cinematografica, ma anche ai fumetti, ai videogiochi e alla collezione di giocattoli, senza dimenticarsi le serie animate The Clone WarsRebels, con cui ha completato la sua avventura spaziale.

Se tutti questi espedienti, ben incastrati, hanno permesso a Rogue One di fornire un’esperienza starwarsiana fresca e potente, Il risveglio della Forza, a sua volta impegnato a collegarsi al passato e strizzare l’occhio ai fan più anziani, si perde nello scimmiottamento della trama della trilogia classica, segnatamente di Una nuova speranza. Un eroe – eroina, in questo caso – che conduce una vita monotona su un pianeta deserto entra casualmente in possesso di un droide che la proietta al centro di una guerra galattica, braccata da un guerriero oscuro; specularmente, Rey e Kylo Ren sono Luke Skywalker e Darth Vader, e quasi tutti gli altri personaggi di Episodio VII possono essere associati ad un eroe classico. E una missione per distruggere una stazione da battaglia prima che questa possa disintegrare la base ribelle.

Un copia-e-incolla che si riflette anche nella scelta dei pianeti: Episodio VII recupera i deserti di Tatooine (Jakku), le nevi di Hoth (Base Starkiller) e le foreste di Endor (Takodana). Rogue One, invece, non ha questa pretesa e si muove con maggiore autonomia, raccontandoci storie di personaggi che si inseriscono nei grandi eventi, pur non essendo al centro di essi, circondati da un’ambientazione originale e al tempo stesso starwarsiana al 100%.

In virtù del proprio ruolo stand-alone, Rogue One può persino permettersi di non raccontare la storia di grandi eroi dai quali dipendono le sorti della galassia: Jyn Erso e i suoi compagni sono combattenti relativamente secondari, alle prese con una missione certamente fondamentale, ma pronti a fare l’estremo sacrificio per portarla a termine. Sono, in altre parole, sacrificabili. E, infatti, verranno sacrificati. Nel corso di una battaglia dove, per la prima volta nella storia cinematografica di STAR WARS, l’obiettivo non è annientare il nemico malvagio ma portare a termine una missione di recupero e fuga, con tutta la frenesia e l’ansia che ne consegue.

Insomma: l’opera di J. J. Abrams doveva raccontare una storia nuova, ma il suo continuo affidarsi a formule e storie sperimentate, anziché osare qualcosa di innovativo, ha finito per trasformare Il risveglio della Forza più in un remake che in un sequel vero e proprio. Al contrario, pur alle prese con il compito di tornare agli albori, Gareth Edwards e il suo staff riescono a portare sullo schermo una storia originale e approfondita, dove la guerra assume una dimensione tutt’altro che eroica, ma orribile ed estremamente umana. Sempre in un’ambientazione STAR WARS.

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