Codice Jedi/Legends

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Il Codice Jedi era un insieme di princìpi che stavano alla base degli insegnamenti dei Jedi.

Il Codice Jedi

Esistono varie versioni del Codice, la sua versione originaria è:

"Non emozione, ma pace.
Non ignoranza, ma conoscenza.
Non passione, ma serenità.
Non caos, ma armonia.
Non morte, ma la Forza.
"
―Codice Jedi

La versione restaurata di Odan-Urr e meglio conosciuta è invece:

"Non c’è emozione, c’è pace.
Non c’è ignoranza, c’è conoscenza.
Non c’è passione, c’è serenità.
Non c’è caos, c’è armonia.[1]
Non c’è morte, c’è la Forza.
"
―Codice Jedi restaurato

Il Codice Jedi fu riscritto una seconda volta dal Gran Maestro Luke Skywalker successivamente alla fondazione del Nuovo Ordine Jedi:

"I Jedi sono guardiani della pace nella galassia.
I Jedi usano i loro poteri per difendere e proteggere.
I Jedi rispettano la vita, in ogni sua forma.
I Jedi servono gli altri e non li governano, per il bene della galassia.
I Jedi cercano di migliorarsi attraverso la conoscenza e l’addestramento.
"
―Codice del Nuovo Ordine Jedi

Parafrasi e analisi

Non c’è emozione, c’è pace.

Il Codice Jedi fra le mani di Odan-Urr.
Le emozioni sono parte naturale del vivere. Come ci ha mostrato la saga, i Jedi non sono immuni dal provare emozioni. Il Maestro Jedi Obi-Wan Kenobi e il Maestro Yoda entrambi espressero il loro dolore quando scoprirono che la morte dei padawan al tempio Jedi era opera di Darth Vader. Questo principio non dice che non esistono emozioni, ma che devono essere messe da parte. Le emozioni devono prima di tutto essere comprese, ed è dovere di un giovane Jedi esplorare i propri sentimenti. Fino a che un Jedi non è in grado di mettere a confronto pensieri e sentimenti, non potrà mai raggiungere la pace. Le emozioni, quindi, non devono essere negate o lasciare che esse ci sovrastino, ma devono essere comprese e gestite. A’Sharad Hett ricorda al giovane Anakin Skywalker queste cose durante la campagna delle Guerre dei Cloni che affrontarono insieme. Hett sostiene che la collera di Anakin sia comprensibile, ma che debba essere affrontata. Questo principio potrebbe essere modificato in questo modo: “Le emozioni non possono togliermi la pace”.


Non c’è ignoranza, c’è conoscenza
Un Jedi deve essere circospetto e cercare di comprendere il mondo che lo circonda. L’ignoranza che non esiste è, ovviamente, una grossa bugia o un enorme malinteso. L’ignoranza infatti è parte della vita, ma non deve essere temuta. Per fornire conoscenza atta ad illuminare il sentiero dei Jedi, vi erano gli Archivi Jedi del Tempio, che contenevano virtualmente ogni informazione disponibile sulla galassia, ma questo principio ricorda anche al Cavaliere che la conoscenza deve essere presa dai luoghi più inusuali. Il grande Maestro Yoda lo dimostrò a Luke Skywalker su Dagobah agendo come un folle, e quando si comportò in modo infantile di fronte ai piccoli padawan. Questa performance era intesa a insegnare a Luke e ai bambini un semplice fatto: anche il più folle può essere saggio. Inoltre, mentre istruiva i bambini, il Maestro Yoda fu spesso udito ricordare che “Meravigliosa mente di bambino è”. Questo principio è quello che da al Jedi mente aperta e l’abilità di accettare quello che gli altri tendono spesso a considerare inaccettabile. In altre parole, questo principio indica che spesso un Jedi non deve usare solo la sua mente razionale ma anche l’intuizione, in modo da accertare la verità di una situazione. Questa regola è identificabile nella frase detta da Qui-Gon Jinn ad Anakin Skywalker: “Percepisci, non pensare”.


Non c’è passione, c’è serenità
Questo principio è fondamentalmente una ripetizione del primo. Ma si riferisce più direttamente alle situazioni di estremo stress, nelle quali un Jedi può essere tentato a reagire energicamente. Il fatto che un Jedi debba usare la sua arma solo per difesa è un’espressione di questa regola. Se le emozioni e le intuizioni devono essere comprese ed utilizzate nella vita quotidiana di un Jedi, egli non deve mai reagire con foga. L’uso appassionato dei poteri conduce al lato oscuro. Un Jedi deve sempre agire con calma e serenità.


Non c’è caos, c’è armonia
Questa frase riflette la cosmologia dell’Ordine Jedi. Se da un lato le persone non iniziate a questa filosofia vedono l’universo come un luogo caotico e sconnesso, un Jedi capisce che tutte le cose sono connesse fra di loro e che, ancora più importante, interdipendenti. Se le persone comuni vedono dolore e sofferenza nell’universo, attraverso la Forza, un Jedi è in grado di interpretare e capire anche il più doloroso evento della vita. Senza questo fondamento, il primo principio del Codice Jedi non avrebbe significato. Dopo tutto, come si potrebbero perseguire l’amore e la compassione se non si comprende la verità dell’universo: non c’è caos, c’è armonia. Ogni evento ha un suo scopo. Proprio come disse il grande Maestro Yoda ad Anakin Skywalker: “La morte è parte naturale della vita”. Altre tragedie minori come il fallimento, la delusione, e il disaccordo sono anch’esse inevitabili e devono essere affrontate. Un Jedi non nega il fatto che le cose tragiche e terribili accadano, semplicemente sono consapevoli che la tragedia è parte della vita.


Non c’è morte, c’è la Forza.
Un Jedi, come molti antichi cavalieri feudali di svariati imperi, devono essere preparati alla morte. Come guerrieri non solo in combattimento ma anche nella vita quotidiana, è semplice fallire e cadere. Come disse Qui-Gon Jinn al giovane Anakin Skywalker, è possibile uccidere un Jedi, e succede spesso. Il senso della perdita è spesso più intenso per chi lo percepisce attraverso la Forza. La morte, tuttavia, non è una tragedia ed è semplicemente una parte del ciclo della vita. Senza la morte, non esisterebbe la vita. La Forza in noi, vive ancora anche dopo la morte. Questo principio rappresenta un lato più oscuro dell’Ordine Jedi, il lato che accetta, anzi abbracia, la morte e la corruzione della forma corporale. Per questo motivo, i Jedi non temono la morte e non ne soffrono oltre il dovuto; un Jedi, dopo tutto, deve celebrare la morte se celebra anche la vita. Anche se alcune fonti non concordano su questo punto, è necessario specificare che questa regola non supporta il vegetarianismo fra i Jedi, al contrario, alcuni studiosi sostengono che di fatto sostenga l’onnivorismo. Questo principio si riferisce anche al fatto che si possa raggiungere la vita eterna dopo la morte, come spirito della Forza.

Ulteriori norme morali

Di seguito sono elencate regole non menzionate nel Codice Jedi ma abitualmente conosciute e rispettate da ogni Jedi.

  • I Jedi sono guardiani della civiltà, ma non permettono alle civiltà di distruggere senza bisogno.
  • Un Jedi usa la Forza per saggezza e difesa, mai per aggressione o scopi personali.
  • La spada laser è il simbolo dei membri dell’Ordine Jedi.
  • I Jedi non si sposano, per evitare l’attaccamento e - secondo Vergere - per non creare dinastie di individui potenti nella Forza. Tuttavia, in molti periodi dell'Ordine Jedi, come l'era precedente a Exar Kun e nell’Ordine Jedi riformato da Luke Skywalker, il matrimonio non era proibito.
  • I Jedi si rispettano l’un l’altro e rispettano tutte le forme di vita.
  • I Jedi devono mettere i bisogno della comunità al disopra di quelli individuali.
  • Un Jedi deve proteggere dal male i deboli e gli indifesi.
  • I Jedi devono sempre collaborare in battaglia o in momenti di crisi.
  • I Jedi non devono avere necessità, devono avere fiducia in se stessi.
  • I Jedi non devono comandare altri, anche se alla fine della Repubblica ci fu qualche dibattito durante il quale ci si chiese se questo fosse parte del Codice attuale.
  • Un Maestro Jedi non deve avere più di un Padawan. Questa regola particolare fu sviluppata dopo le Antiche Guerre Sith, quando alcuni Maestri Jedi come Arca Jeth, Thon, Vodo-Siosl Baas e Krynda Draay non dovevano rispettare questa regola. Anche l’Esule Jedi addestrò diversi apprendisti allo stesso tempo. Tuttavia, un apprendista per maestro sembrò diventare lo standard intorno al 32 BBY. A causa degli scarsi numeri nell’Accademia Jedi di Luke Skywalker, la regola venne momentaneamente abbandonata, e ogni maestro si faceva carico di alcuni Padawan, come nel caso di Jaden Korr e Rosh Penin sotto la guida di Kyle Katarn.
  • Anche se il Codice non menziona di un’età massima per iniziare l’addestramento di un Padawan, il Maestro Jedi Simikarty scrisse un’influente interpretazione del Codice che specifica questi limiti: col tempo, la sua interpretazione divenne parte integrante del Codice stesso. Nell’era di Revan, gli apprendisti venivano presi nella prima infanzia. Dopo la fine delle Nuove Guerre Sith, divenne la regola. Nomi Sunrider invece iniziò il suo addestramento da adulta, così come fecero gli apprendisti dell’Esule Jedi e molti altri nel Nuovo Ordine Jedi.
  • Un Jedi non deve uccidere un avversario disarmato, al contrario di come Anakin Skywalker fece con il Conte Dooku.
  • Un Jedi non cerca vendetta, come nel caso di Anakin contro i Predoni Tusken.
  • Un Jedi non deve rimanere legato al passato.
  • Un Jedi non uccide i suoi prigionieri.

Presente in

Fonti

Note e riferimenti

  1. La quarta riga non viene citata in alcuni testi Jedi. Ad esempio, al funerale di Mara Jade Skywalker, questa riga fu omessa.

Collegamenti