Visioni dal futuro – Capitolo VIII

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Capitolo VIII

Un anno dopo …

Barris camminava per le strade di Dantooine, avvolta in un mantello nero, era notte fonda, ma malgrado ciò i cloni pattugliavano la città, per controllare se ci fosse qualche ribelle in giro.

Erano coperti dai caschi, come spesso lei li aveva visti, eppure ora le sembravano minacciosi: erano gli stessi con cui combatteva dodici mesi prima contro i separatisti? A proposito che fine avevano fatto questi ultimi?

Malgrado il suo ruolo di infiltrata non aveva la minima idea di cosa fosse accaduto agli ex capi del movimento separatista, solo di uno aveva notizie, del Conte Dooku, che dopo aver accettato di arrendersi al loro imperatore, ne era diventato il braccio destro e per quello che ne sapeva la gente nessuno dei senatori si era opposto.

Questo ufficialmente, ufficiosamente, uno sparuto gruppo di persone, tra cui Bail Organa, Mon Monthma, l’ex ammiraglio separatista Ackbar, stavano organizzando una piccola resistenza segreta e non doveva dimenticarsi del loro alleato più importante, un ex membro dell’alto Consiglio Jedi, a cui avevo promesso di non rivelare a nessuno la sua identità, anche se a volte la cosa le pesava.

Conosceva quel membro del consiglio da tempo, erano stati molti amici prima della guerra, ora però c’era qualcosa che le sfuggiva nel comportamento di quella persona, non sapeva cosa e non era tanto la volontà di tenere nascosta la sua identità a farle dubitare, no c’era altro: forse il fatto che avesse scoperto che l’ex jedi avesse una famiglia segreta? No, non era quello il problema, ma allora cosa?

Qualcuno le sfiorò la spalla sinistra con una mano.

“Barris”

“Kavel”

“Non dovresti andar in giro di notte da sole, ci sono le truppe come vedi e cercano pure se ci siano superstiti tra voi jedi”

“Lo so, amico mio, lo so, ma Lot mi ha chiesto di controllare un po’ la città, pare che l’Alleanza voglia provare a fare un primo attacco dimostrativo”

“Un primo attacco dimostrativo?”

“Sì”

“E dove?”

“Ne ho idea …”

“Ecco perché l’imperatore sospetta qualcosa …”

“Sì, lui sembra sapere sempre tutto, come se ci fosse una spia tra di noi …”

“Sospetti di qualcuno Barris?”

“Sì … non mi fido di quell’ex alto membro del Consiglio”

Il giovane sbatté ripetutamente gli occhi, dilatando i suoi occhi gialli: in altri tempi l’ex jedi avrebbe avuto paura di quel colore, sapeva che solo coloro che erano preda del lato oscuro, avevano quel particolare tipo di occhi, ma ora la situazione era cambiata.

Però lo era davvero?

Aveva fatto bene a fidarsi di lui? Non odiava forse i jedi? Eppure non odiava lei, lo sapeva, anzi.

“Credevo fosse tua amica … un tempo”

“Ecco hai detto bene un tempo, ora non la riconosco più, non riconosco più nessuno”

Lamar le sfiorò la fronte con un piccolo lieve bacio, in altri momenti si sarebbe disco tasta, adesso non fece nulla, assaporò il contatto e niente di più.

Poi, insieme, i due giovane si allontanarono nella notte verso l’abitazioni di Kavel, seguiti da un’ombra furtiva, che spiava ogni loro mossa.

Hiwl … città sotterranea di Mon Calamari.

Obi-Wan passeggiava nel piccolo tempio della cittadina sotterranea, dopo molte insistenze era riuscito ad ottenere di poter collaborare con le sacerdotesse e con i sacerdoti di quel luogo nel parlare dei misteri della Forza ai bambini.

C’era solo un piccolo problema, anzi lui lo vedeva come un grosso problema: gli avevano detto che poteva parlare solo della Forza Vivente, loro credevano in quella, non esisteva la Forza Unificante e non volevano nemmeno sentirne parlare.

Ricordava benissimo il colloquio che aveva avuto con uno delle sacerdotesse, una giovane Twi’ Lek, dalle cortissime lekku e dalla pelle tendente al ciclamino, che indossava una lunga veste grigia, che lasciava intravedere il suo corpo minuto ma sinuoso.

Si chiamava Xilora’Cor, non era bellissima ma aveva due occhi arancioni così profondi e penetranti da rischiare di rimanere ipnotizzati se la guardavi troppo a lungo, al giovane jedi non piaceva e gli era piaciuta ancora meno dopo quel maledetto colloquio svoltosi ormai sei mesi prima.
[I]
“Signor Kenobi, lei forse è abituato a seguire le sue regole, ma qui ci sono le nostre e le ho già detto che non voglio sentir più parlar di Forza Unificante, non esiste!”

“E’ una follia, non potete ignorare ciò che c’è fuori, non potete, così come non potete ignorare la Forza Unificante!”

“Mi dia un motivo valido perché dovrei credere ai suoi deliri?”

“Deliri?” aveva sbattuto gli occhi ripetutamente a quelle parole.

“Sì, deliri!”

“La Forza non può occuparsi solo del particolare, devo occuparsi anche del tutto …”

“E chi lo decide?Lei?Pensa di sapere così tanto della Forza?”

“Sì, perché io …” no, non poteva dire di essere il maestro e non il padre di Anakin, non poteva.

“Lei cosa?”

E poi anche se era il maestro di Anakin, il prescelto, come poteva permettersi di dire che sapeva più di loro della Forza? Per anni aveva ignorato la Forza Vivente anche se il suo maestro gli diceva il contrario.

Però, però non aveva voluto permettere a quella donna di averla vinta.

“Ha visto mio figlio?”

“Sì … la Forza è potente in lui, più di tutti noi”

“E’ nato in un pianeta desertico, con due soli”

La giovane Twi’ Lek era impallidita quelle parole.

“Con due soli?”

“Sì, perché?”

Xilora aveva abbassato la testa verso i piccoli monili che portava sul polso sinistro: erano braccialetti di legno piuttosto particolari, difatti avevano diverse incisioni di disegni minuscoli e incomprensibili, parevano lettere ma capovolte.

Le stesse lettere capovolte Obi-Wan le aveva viste il primo giorno in cui aveva visitato il tempio insieme a Siri, Anakin e Venla: erano sia all’ingresso, che sull’altare.

“Lo sa cosa significano questi segni, giovane Kenobi?”

“No”

“L’infinito come lo è la Forza”

“Quindi mi lascerà parlare …”

“No, l’argomento è chiuso”

“Ma se ha detto anche lei che la Forza è infinita”

“Sì, ma non unificante: non vogliamo vedere il mondo là fuori e non dovrebbe volerlo vedere nemmeno lei”

“Perché?”

“Suo figlio forse non camminerà più per colpa della vostra maledetta guerra, lo vuol capire o no?E io dovrei preoccuparmi di un mondo che ha reso invalido un bambino innocente che oltretutto è potente nella Forza?”

“Anakin camminerà di nuovo: lui può fare qualsiasi cosa!”

“Ne sono convinta, ma lui no e disgraziatamente nessuno gli fa notare che può far tutto …”

Era ammutolito a quelle parole e aveva battuto in ritirata.[/I]
Ora camminava nel tempio silenzioso, era quasi sera, i bambini a cui aveva parlato della Forza Vivente erano andati via.

Aveva badato a loro poco, parlandogli il tono freddo e distante, non ricordava nemmeno i loro volti, né le loro voci, continuava a pensare a Siri ed Anakin a casa.

Siri che aiutava Venla con i malati nella sua piccola infermiera, ma che spesso andava al tempio come lui, insegnando ai bambini: lei era brava a parlare della Forza Vivente, si appassionava, i suoi occhi azzurri si illuminavano ed era presa da quei piccoli.

Lui no, non ci riusciva.

L’angoscia lo tormentava, aveva il timore che quanto detto da Xilora fosse vero: e se Anakin non avesse camminato mai più?

Spesso lo vedeva malinconico fissare dalla finestra gli altri bambini, lui si avvicinava, lo abbracciava, ma non riuscivano a parlare, a dirsi nulla, nemmeno con il pensiero.

C’era qualcosa che li bloccava.

“Giovane Obi-Wan” si voltò e vide il volto in penombra di Xilora, che ora sembrava quasi sul rosso mentre le sue antenne parevano nere come la notte.

“Buona sera”

“Non le piace star qui?”

“No”

“Non le piacciano nemmeno noi, vero?”

“Onestamente non lo so …”

“I bambini la ammirano ma hanno anche paura di lei … la sentono così freddo”

“Forse perché lo sono”

“Non è vero”

“Cosa ne sa lei di me? Pensate di sapere tutto di me, Siri e di nostro figlio … lo sa cosa dicevano al tempio dove io insegnavo?”

“Su chi?”

“Su mio figlio …”

“Che fosse l’eletto?”

Il giovane jedi spalancò gli occhi, rimanendo interdetto per diversi minuti.

“Come lo sa?”

“E in un momento di grande disperazione la Forza manderà un Salvatore e sarà chiamato Figlio dei due Soli”

“Non è una risposta e non mi dica che l’ho convinta dell’identità di mio figlio solo perché è nato in un pianeta desertico”

La giovane Cor scosse il capo, sorridendo con un sorriso misterioso e quasi maligno.

“Si fa troppo domande, giovane Kenobi, pensi più a ciò che ha vicino, a sua moglie e a suo figlio, hanno bisogno di lei”

“Io ci penso spesso”

“Sì ma lo faccia anche a gesti e a parole”

“Le ho detto che sono freddo”

“Se lo fosse non si tormenterebbe di angoscia per il suo bambino”

Kenobi per tutta risposta prese una dalla sua cintura la spada laser e l’azionò, avvicinandosi alla donna, che sussultò spaventata.

“Lo sa cos’è questa?”

“No e non voglio saperlo”

“Un’arma jedi … una spada laser, noi lo usiamo solo per difesa ma per offesa o meglio così dovrebbe essere”

“Non è più sicuro?”

“Non sono più sicuro di niente … di niente “ fece lanciandola per terra quasi con rabbia, subita la giovane la raccolse, la spense e gliela ridiede.

“Di una sola cosa sono sicuro … una sola”

“Quale?”

“Aveva ragione prima: non mi piacete”

E senza attendere una replica se ne andò rimettendosi la spada alla cintura.

Camminava a passi spediti, voleva trovare Anakin, stargli vicino, allontanarsi da quella gente assurda: i bambini avevano paura di lui? Poco male, lui aveva paura di loro.

Avevano tutti uno sguardo strano, quasi maligno.

O forse si stava facendo delle fantasie?

Probabile.

Magari nel cibo che mandavano giù c’erano delle sostanze allucinogene che facevano vedere delle cose che non esistevano.

Scosse la testa e continuò il suo cammino, passando di fianco al piccolo boschetto dove i bambini stavano giocando in attesa dell’ora di cena, era così strano per lui vedere quelle cose, era una normalità che non conosceva e che forse invidiava.

Si fermò vicino ad una panchina di legno, mettendosi ad osservarli: stavano di nuovo giocando con delle spade di legno e ora non avevano più quello sguardo obliquo e maligno.

Forse era la poca luce del tempio a dargli quell’impressione.

Si sedette sulla panchina, accorgendosi che pure lì c’erano quegli strani segni, che significavano infinito come la Forza, non era mica logico che considerassero la Forza infinita eppure non volessero considerarla unificante?
[I]
“Suo figlio forse non camminerà più per colpa della vostra maledetta guerra, lo vuol capire o no?E io dovrei preoccuparmi di un mondo che ha reso invalido un bambino innocente che oltretutto è potente nella Forza?”[/I]

Doveva smetterla di pensarci, doveva smetterla!

Fu con la coda dell’occhio che vide vicino ad uno degli alberi più lontani un bimbo diverso dagli altri, un bimbo che camminava su una sedia a rotelle di legno: Anakin.

Stava gridando contro qualcuno e pareva spaventato a morte, eppure nessuno faceva niente.

Si alzò di scatto dalla sedia e corse verso di lui, che continuava ad urlare dalla paura, aumentò l’andatura e in pochi secondi gli fu di fronte, prendendogli le braccia.

“Cosa c’è?”

“Vattene!”

“Cosa??”

“Vattene via, tu mi odi … mi consideri un essere inutile, non servo più a niente”

“Che cos’hai detto???” fece scuotendolo per i polsi.

“La verità … non fai altro che ripetermelo!”

“Non è vero cosa dici!”

“La sento la tua voce che mi perseguita, sei tu, tu …”

“No, Anakin, no, ti giuro di no … hai sentito ancora quella voce maligna? Non ero io, ero al tempio …”

“Ho riconosciuto la tua voce!”

“Ti giuro piccolo padawan, non direi mai una cosa del genere, mai …” mormorò cercando di abbracciarlo ma il bambino lo respinse.

“Bugiardo, vattene!”

Una mano gentile si posò sulla spalla del giovane maestro jedi, subito questi si volse incontrando lo sguardo chiaro di Aslan, uno sguardo più dolce e paterno del solito.

“Ci penso io al piccolo, non si preoccupi”

“E’ mio figlio”

“Come vede non vuol stare con lei, lo calmo e glielo riporto più tardi”

“No”

“Lasci fare a me, ragazzo, è troppo agitato anche lei” fece l’uomo prendendogli il braccio ma Obi-Wan si scostò come se fosse stato morso da un serpente e si allontanò verso la panchina osservando l’uomo che cercava di calmare il suo padawan per qualche minuto.

Non gli piaceva quella scena, aveva qualcosa di famigliare e inquietante, anche se non riusciva a capire cosa gli ricordasse, sapeva solo che non avrebbe retto un secondo di più perciò fece una cosa che non faceva mai: seguì l’istinto.

Tornò indietro, allontanò di scatto il borgomastro di Hiwl e prendendo la sedia a rotelle del suo allievo la spinse verso casa, nonostante quest’ultimo continuasse ad agitarsi.

“Stai calmo Anakin è tutto a posto …”

“Ti ho sentito … lui voleva aiutarmi”

“No, assolutamente no”

“Cosa te lo fa credere?”

Kenobi fermò la sedia vicino ad una delle case del villaggio da cui proveniva un profumo di vivande saporite, parevano uova con spezie, ma non ne era certo.

Si guardò intorno, ispezionò ogni angolo, comprese la finestra dell’abitazione, poi si mise in ginocchio di fronte al bambino, prendendolo per le spalle.

“Davvero credi che potrei farti del male?”

“Non lo so … continuo a sentire quella voce”

“Credi che ti abbia preso come mio allievo solo per mantenere una promessa?”

“Sì”

“Ti sbagli di grosso, io credo in te, ho capito chi eri il giorno in cui mi hai raccontato come hai distrutto la nave principale della Federazione dei Mercanti durante il blocco di Naboo: nessuno ha un legame con la Forza come ce l’hai tu, nessuno!”

Il bambino gli sorrise grato e lo abbracciò.

“Ho paura di non riuscire più a camminare”

“Lo so, ma ti giuro che ce la farai, te lo giuro”

“E se non ci riuscissi?Penseresti ancora che …”

“Non ho cambiato idea su di te, non la cambierò mai, non potrei mai farlo, nemmeno se mi tradissi”

“Se ti tradissi?Che vuoi dire?Non cederò al lato oscuro”

“Lo so, mi fido di te”

“E io di te”

“Allora non ascoltare quella voce maligna: è un sith, ricordalo, non io”

“Va bene, maestro” sussurrò il piccolo stringendosi all’uomo, voleva crederci, voleva disperatamente crederci, ne aveva bisogno, ora più che mai che si sentiva mutilato sia di dentro che di fuori e quelle maledette gambe non ne volevano sapere di muoversi.

Siri Tachi, nel frattempo, era andata anch’essa al tempio, nonostante fosse ormai ora di cena e avesse fame, aveva bisogno di un po’ di pace e solo lì riusciva a trovarla, aveva passato una giornata intensa, tra persone malate, tra cui molti bambini e la cosa le aveva messo addosso una strana apprensione.

Aveva creduto che quel villaggio sperduto e sconosciuto fosse davvero una sorta di paradiso dove il male e la miseria non esistevano? Forse sì. Certo la miseria non esisteva, ma le malattie sì e alcune erano pure piuttosto gravi, eppure Venla, grazie alla sue medicine naturali sembrava riuscire a curarle tutte o meglio quasi tutte, a volte, difatti, lasciava che la natura facesse il suo corso e le cose andavano bene, anche se c’erano ancora diversi malati gravi nella costruzione adibita ad infermiera, che non era lontana da dove abitavano loro.

Avrebbe dovuto dirle che ora loro si curavano grazie ai droidi medici? In fondo, per quanto poteva saperne lei, nessuno in quel posto doveva aver mai visto un droide.

Sospirò sedendosi su una panchina del tempio, da dove poteva udire, in lontananza, le voci dei bambini che giocavano all’aperto oppure che confabulavano nell’androne vicino all’ingresso del tempio.

Anche lei spesso insegnava ai quei piccoli.
[I]
“Maestra Tachi …” le aveva chiesto una piccola bimba dalla pelle viola scuro e dalle lunghe lekku dietro le orecchie, le ricordava la sua amica Aayla e forse era per quello che l’aveva presa in simpatia.

Come si chiamava? Ah sì Zama’ Barur.

“Dimmi piccola”

“La Forza Vivente è vicino a tutte le persone che stanno male?”

“Sì”

“Anche se non abitano in questo villaggio?”

“Ma certo … scusa Zama tu sai che ci sono altri villaggi?”

La bambina era arrossita.

“La maestra Cor non vuole, ma io e Astrun, una notte, siamo andati a vedere la grande mappa che tiene nascosta nella sua cella”

Si era seduta in ginocchio, poggiando le mani sulle spalle della bambina, l’aveva guardata per un lungo istante negli occhi neri come la notte, poi si era decisa a parlare.

“Che mappa?”

“Sembra la mappa di altri villaggi, ma non solo …”

“Che vuoi dire?”

“Ci sono come dei grandi cerchi intorno ai villaggi e in mezzo ad ogni cerchio c’è un nome scritto in grande”

“Dove c’è il cerchio del nostro villaggio, nel mezzo c’è scritto Mon Calamari, vero?”

“Sì, maestra Tachi … cos’è Mon Calamari?”

Siri stava per risponderle quando si accorse che Xilora, insieme ad altre sacerdotesse, erano entrate nel tempio a pregare.

“Te ne parlerò un’altra volta, ora continuiamo la lezione, d’accordo?”

“Va bene, maestra Tachi”

Ed era tornata alla sua lezione, con assoluta naturalezza, parlando di quanto la Forza Vivente fosse potente, tanto da parlare ad ogni singolo cuore di tutto il villaggio, non solo quando erano tristi, ma anche quando erano felici, per mostrar loro il suo volere, ma anche per ascoltare le richieste delle persone.[/I]
La giovane jedi alzò il capo, guardando la miriade di candele che c’erano nel tempio, sembravano ovunque, eppure quel luogo era lo stesso in penombra, non così il villaggio, che grazie a quello strano sole artificiale godeva comunque del sole e della primavera.

Era affascinata da quella gente, anche se pure lei, come Obi-Wan ed Anakin, ne aveva pure un certo timore.

Come potevano impedire ai bambini di conoscere altri villaggi? Li tenevano lì segregati, eppure quei bambini erano felici, perché i loro maestri gli erano sempre vicini, pensavano ai loro bisogni, così come ai bisogni dell’intero villaggio, nessun abitante si sentiva inferiore ai sacerdoti e alle sacerdotesse, anzi, c’era completa armonia tra loro: aveva visto con i suoi occhi diversi sacerdoti chiedere consiglio, con assoluta umiltà, ai contadini per molte cose.

C’erano una grande differenza tra quello che avveniva lì e quello che succedeva al tempio jedi, eppure c’erano diverse analogie.

Chissà se Obi-Wan se n’era accorto?

Obi-Wan, erano stati compagni di avventure tante volte, erano amici da diversi anni, ma tra loro non c’era mai stata solo amicizia, lo sapeva, avevano cercato di negare ciò che provavano per la loro devozione all’ordine, tuttavia non era servito a niente, si amavano ancora o meglio lei amava Kenobi, cosa provasse il giovane jedi per lei era un mistero.

Sì, l’aveva baciata due volte e le aveva detto di amarla, però aveva anche cercato di fermare il suo bacio quando aveva capito che lei voleva andare oltre e dopotutto che male ci sarebbe stato nell’andare oltre?Erano segregati in un villaggio lontano da tutti e da tutti, probabilmente la maggior parte dei jedi era morta, non esisteva più un tempio e un ordine jedi.

E allora perché non andare oltre?

Non lo sapeva neanche lei e a ben pensarci non era poi sicura di voler andare oltre oppure sì?

“Hai paura, vero?”

“Cosa?”

“Vuoi negare ciò che provi perché sai che lui non ti ama … e non ti amerà mai … è troppo grande per accorgersi di te, misera padawan …”

“Non sono una padawan … chi sei?Cosa vuoi?”urlò alzandosi di scatto, ma non vide nessuno, il tempio era vuoto e non si udiva nessun rumore, tranne per il brusio dei bimbi nel cortile.

Tuttavia … tuttavia vicino ad una delle porte laterali vide un’ombra … sembrava una figura incappucciata.

Prese la sua spada laser, l’attivò e seguì la figura che si muoveva guardinga e ora stava andando in uno dei corridoi bui del tempio, che portavano alle celle dei sacerdoti e delle sacerdotesse.

“Dove scappi? Fatti vedere: sei un vigliacco, non hai nemmeno il coraggio di mostrarmi il tuo volto!”

“Sciocca padawan, tu sai chi sono, non ho nessun bisogno di mostrarti il mio volto, nessuno!Lo sai chi sono!”

Furibonda la giovane Tachi si mise a correre verso la voce che parlava nell’ombra, la prese per i polsi e le levò il cappuccio: quegli occhi, non era vero, non poteva essere vero, eppure conosceva quegli occhi.

In preda alla rabbia, si staccò dalla figura, riprese in mano la sua spada e iniziò a colpirla, tuttavia lo strano essere non si difese e si lasciò fare a pezzi dalla jedi rabbiosa.

Siri era difatti preda di un’ira incontrollabile e non sapeva spiegarsene la ragione, sapeva solo che odiava quell’essere, doveva distruggerlo, annientarlo, solo così avrebbe potuto cancellare il ricordo di quello sguardo a lei così famigliare.

Gli tagliò il braccio destro, poi il sinistro, le gambe e la testa e alla fine si accasciò al suolo, piangendo lacrime amare.

“Maestra Siri …” di chi era quella voce che la chiamava? Non riusciva a capire … Sembrava uno dei sacerdoti, il padre di Zama, forse?

“E’ lei Maestro Miaan?”

“Sì … cos’è successo? Perché hai fatto a pezzi una delle statue del tempio?”

“Come?”

Si guardò intorno e vide di fronte a sé la statua di uno dei grandi sacerdoti antichi, letteralmente distrutta.

Aveva dunque colpito una statua?

Ma allora quella voce?

“C’era qualcuno qui, mi ha spaventata ed aggredita, pensavo di aver colpito lui o lei che fosse”

Miaan le allungò le mano, aiutandola a rialzarsi e le sorrise dolcemente, guardandola affettuosamente con i suoi occhi scuri, così simili a quelli della figlia.

“Sei stanca, torna a casa da tuo marito e tuo figlio”

“Sì, hai ragione …” sussurrò asciugandosi la fronte madida di sudore per poi aggiungere “Credi che sia vero ciò che dice Xilora?”

“Su cosa?”

“Riguardo a mio figlio Anakin … non camminerà più?”

L’uomo le sorrise ancora, posandole una mano sulla spalla.

“E’ così importante che cammini? Non lo amate per quello che è?”

“Ma certo che lo amiamo per quello che è, solo che sono certa che starebbe meglio se potesse tornare a camminare …”

“Nessuno può sapere cosa deciderà la Forza riguardo al destino di tuo figlio, torna a casa e stagli vicino”

“Hai ragione, grazie e scusa per la statua”

“Non importa, è solo un oggetto”

La giovane Tachi annuì e uscì dal tempio, più agitata e nervosa di quando ne era entrata.

Naboo, a diversi parsec di distanza.

La regina Amidala stava ascoltando il rapporto del suo nuovo senatore, Jadir Kim, un corpulento individuo, dall’aria simpatica, ma piuttosto tonta, nulla a che vedere con il suo predecessore, Cos Palpatine, che dietro le sue maniere gentili, nascondeva una volontà di ferro, non era un certo un caso che era riuscito a farsi eleggere prima cancelliere e poi imperatore, praticamente all’unanimità.

Il senatore Kim le stava spiegando le nuove misure di sicurezza volute appunto dall’imperatore, tra cui una nuova guarnigione di soldati per ogni sovrano o presidente di ogni sistema, così presto vi sarebbe stata, anche a Naboo, un plotone di clone-troppers che pattugliava le città in nome della sicurezza: avrebbero invaso anche il suo pacifico rifugio a Varekino? Temeva di sì.

Varekino, nella regione dei laghi, dove andava spesso quando aveva intrapreso da poco tempo la via della politica, ora non voleva più tornarci, non sapeva perché, ma quel posto le faceva venire in mente Anakin Skywalker, quel piccolo bimbo che aveva salvato il suo sistema … quanti anni prima? Tre? Quattro? Aveva perso il conto.

Ora era morto, non lo avrebbe più rivisto ed era come se una parte di lei fosse morta.

“E’ un ciondolo di Jaipor, ti porterà fortuna, così ti ricordi me”

“E’ bellissimo, ma non mi serve questo per ricordarmi di te: molte cose cambieranno quando torneremo nella capitale, ma tu continuerai a starmi a cuore e poi … poi come potrei scordarmi del mio futuro marito?”

Lo aveva detto scherzando o meglio aveva usato un tono ironico, eppure credeva davvero a quelle parole, ora lo sapeva.

“Maestà … ma mi state ascoltando?” tuonò la voce del suo senatore.

“Scusi, senatore, cosa mi stava dicendo?”

“Ho appena saputo che c’è stato un attentato contro una base imperiale …”

“Dove?”

“Su Dantooine”

“Sa chi è stato?”

“I servizi segreti del nostro imperatore Palpatine ritengono che a causarlo sia stato quel gruppo di folli … sapete quelli che si fanno chiamare Alleanza Ribelle”

“Sì, ho presente” mormorò la ragazza con un tono piatto e distaccato “Quanti morti?”

“Nessuno: sembra che si tratti solo di un atto dimostrativo”

“Capisco, mi tenga informata, la saluto senatore Kim”

“Maestà” replicò l’uomo chinando rispettosamente il capo mentre il suo ologramma spariva dalla stanza.

La regina fece per allontanarsi ma alcune sue ancelle la seguirono, tra cui Dormè e Sabè, accortasi di ciò le congedò sbrigativamente, decisa a raggiungere da sola le sue stanze, qui si assicurò di esserlo davvero, poi accese il comlink.

“Mon”

“Padmè”

“State bene?”

“Sì …”

“Non vi hanno attaccato i ribelli?”

“Certo che no e a voi?”

“Sto bene, ma stiamo in allerta: questo è solo l’inizio”

“Lo temo anche io”

A quelle parole l’immagine della senatrice Montha sparì mentre uno strano sorriso spuntava sul viso della regina di Naboo: sì, quello era solo l’inizio dell’Alleanza Ribelle.

Fine Capitolo VIII

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Amministratore - Il più grande esperto di "imperialità" di questa galassia (dai, forse giusto dopo Palpatine), divora con passione fin dalla tenera età ogni cosa che riguarda Star Wars. Vive e lavora a Londra.
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