Visioni dal futuro – Capitolo VI

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Capitolo VI

Nella misteriosa città sotterranea di Mon Calamari era sceso il silenzio, che però alle orecchie del generale Kenobi suonava tenebroso ed inquietante.
Il suo giovane allievo stava meglio, almeno a giudicare dal suo respiro tranquillo, ma il giovane jedi sentiva una strana paura attanagliargli le membra.
Erano rimasti soli?
Non voleva pensarci, doveva concentrarsi sul momento presente.
Prese la mano del suo piccolo padawan che dormiva sereno in un letto non molto grande, intagliato in legno, pieno di incisioni rupestri.
“Come sta?” mormorò una voce alle sue spalle.
Obi-Wan si voltò incrociando lo sguardo del suo antico e mai dimenticato amore.
“Meglio” sussurrò.
“E allora di cosa hai paura?”
“Non lo so, non lo so. Questo posto mi inquieta. E’ bellissimo, pare pieno di pace e serenità”
“Ma temi che nascondano qualcosa?”
“Sì … non esiste nulla di perfetto a questo mondo, lo abbiamo imparato a nostre spese”
“Credi che fingano?” domandò la donna accarezzandogli la guancia destra.
“Non del tutto. Credo sia più complicato … come noi siamo lontani dalla Forza Vivente loro lo sono da quella Unificante “
“Ne sei sicuro?”
“Non sono più sicuro di niente. Tranne che di te e di Anakin”
Lei gli sorrise nell’ombra chiara della notte che precede l’alba.
I suoi capelli biondi avevano diverse sfumature di rosso, che nella penombra si moltiplicavano.
“Perché mi ami ancora?” domandò il giovane jedi abbassando lo sguardo.
Non pensava di meritare il suo amore, non più, non dopo aver anteposto i suoi doveri di jedi a lei.
“E tu perché ami me?”
“Non lo so, so che è così e basta”
“Per me è lo stesso”
Il jedi le baciò le labbra tiepide.
“Non sono più il jedi calmo e razionale che conosci … forse non lo sono mai stato …  ho sempre avuto una gran paura di deludere tutti. Ho lasciato l’ordine tante di quelle volte che quando tornai mi imposi di non disubbidire più”
“Mi spiace”
“Per cosa?”
“Per averti aggredito ai tempi, non potevo sapere che avevi i tuoi buoni motivi per aver lasciato l’ordine”
Il giovane uomo sorrise ancora, stringendo più forte la mano di Anakin.
“Non importa, una lavata di capo ogni tanto mi fa bene”
La ragazza gli accarezzò di nuovo la guancia.
“Non devi fingere con me, Obi-Wan “
“Cosa vuoi dire?”
“Voglio dire che forse tu sei entrambe le cose che hai detto prima: razionale, calmo, ma nel contempo pieno di paure e passioni . Lo hai detto anche tu, nessuno è perfetto e non devi rimproverarti se non lo sei”
“Il problema è … che all’improvviso temo di aver sbagliato tutto con te, con Anakin, con il consiglio”
“Tutto no, forse … forse dovresti lasciarti più andare, come stai facendo ora”
Obi-Wan posò lo sguardo sulla figura addormentata del suo padawan.
“Temo che mi considererebbe ipocrita” sussurrò con la voce incrinata dalle lacrime.
“Obi-Wan …”
“Credi che non lo sappia che pensa che lo abbia preso con me solo per dovere? Solo perché dovevo mantenere una promessa? Io volevo dirgli che non era così, che credevo e credo in lui, ma … ma … mi sentivo bloccato … “
“Il consiglio “
“Sì … “ bisbigliò a mezza voce.
“Obi-Wan” mormorò lei cercando di baciarlo, ma lui si divincolo correndo verso l’uscita.
“Obi-Wan!!!” gridò ancora lei proprio mentre il giovane apriva la porta e corse fuori nella notte.

Aveva bisogno di stare solo, di riflettere su stesso.
Aveva sbagliato tutto?
Non lo sapeva.
La paura di perdere il suo allievo e Siri gli aveva ottenebrato la ragione e ora che era tornata non sapeva più cosa fare.

“Il tuo peggior difetto, mio giovane allievo, è l’essere troppo corretto, troppo ligio … le regole sono fatte per gli uomini, non il contrario … ricordati che è l’amore che governa l’universo non le regole “

“Qui-Gon, dove sei? Cosa devo fare? Che cosa devo fare? Non ce la faccio da solo, non ce la faccio. Sono diventato cavaliere jedi e maestro nello stesso istante, non potrò mai essere un maestro equilibrato per Anakin. Lui è il prescelto, io non so nemmeno chi sono”
Uno strano vento si era alzato in quel villaggio così particolare, anche se non era chiaro da dove provenisse.
Obi-Wan si guardò in giro.
Era buio.
Quasi completamente, in lontananza veniva una pallida luce, ma,come per il vento, non sapeva da dove provenisse.
Aveva sperato di sentire la voce del suo maestro, anche solo per un istante, ma niente, l’unico suono che sentiva era quel maledetto vento.
Perché lo aveva lasciato solo?
La morte fa parte della vita.

“E’ l’andare delle cose, il volere della Forza”

Aveva accettato tutto questo da tempo, ma Qui-Gon gli mancava, la sua guida saggia lo aveva sempre aiutato, lo aveva spinto a dare il meglio di sé.
Dopo la sua morte, si era appoggiato sia al Consiglio che al piccolo Anakin, eppure aveva sentito più buonsenso nelle parole di quest’ultimo, che non nei saggi jedi.
La sapienza del cuore.
Un vecchio monaco, anni prima, gli aveva detto
“Dio perdona sempre chi sbaglia per amore”
Dio … un altro modo per chiamare la Forza.

“E’ l’amore che governa l’universo, non le regole”

Ne era convinto, eppure c’era qualcosa, qualcosa che non riusciva a cogliere e che gli faceva paura.
Prese a camminare quasi senza meta, come un automa o un droide, che ubbidisce agli ordini superiori, senza interrogarsi.
Era questo che era stato?
Un automa pronto a dire sempre di sì?
Non lo credeva, non del tutto.

Lui credeva in quello che faceva, ma non sempre, a volte si era posto dei dubbi, ma quando li aveva esposti al Consiglio, la maggior parte delle volte era stato ripreso duramente.
“Non potete volere che Anakin affronti una missione del genere, c’è di mezzo la schiavitù e lui è stato liberato da poco”
“Appunto per questo deve affrontare la missione, deve affrontare con distacco quel periodo”
“Distacco? E’ solo un bambino!”
“E’ il prescelto, deve sapere superare tutto!”
“Ma è anche un bambino, lo capite o no?” avrebbe voluto urlarglielo, ma gli era mancata la forza e il coraggio.
Si era abbassato, aveva ubbidito con la morte nel cuore e aveva visto la sofferenza negli occhi del suo allievo durante quella missione terribile.
Sapeva a cosa aveva pensato: a sua madre ancora schiava.
“Bei difensori della pace e della libertà che siamo: non ci siamo mai interessati al problema della schiavitù!” borbottò a mezza voce ritrovandosi vicino ad una montagna.
Gli sembrava la montagna da dove erano usciti poche ore prima.
Era quella sì.
La riconosceva perché era vicino al tempio.
Solo che … solo che … non c’era più l’ingresso della grotta da dove erano emersi!
Era sparito, scomparso, come se non ci fosse mai stato!
Non aveva senso!
Intanto la luce stava aumentando gradatamente, come se stesse sorgendo il sole, ma da dove poteva sorgere? Erano sottoterra!
Si avvicinò alla montagna.
Era liscia, perfettamente liscia.
Non c’era nemmeno un pertugio o un cespuglio!
Quel posto gli faceva paura, troppo paura!
“C’è qualcosa che non va mio giovane amico?”
Si voltò di scatto.
Qualcuno aveva parlato, ma era come se avesse parlato nella sua mente.
Davanti a lui c’era uno dei lettighieri della sera prima.
Aveva un’altezza imponente e le sue antenne si vedevano pochissimo, mentre i suoi occhi erano quasi sul rosso, come la pelle.
“Dov’è? Dov’è l’uscita?”
“Che uscita?”
“C’era l’ingresso di una caverna ieri sera qui “
L’uomo scosse il capo, parlandogli con il linguaggio dei segni.
“Non so di cosa sta parlando”
“Non è divertente! Ieri sera siamo entrati da lì!”
Di nuovo l’uomo scosse il capo.
“Vi abbiamo trovato qui per terra, ma non c’era nessuna caverna”
“Perché sta mentendo?”
“E’ meglio che torni da sua moglie e suo figlio, hanno bisogno di lei” e senza attendere una replica si allontanò verso il tempio.
Obi-Wan non riuscì nemmeno a reagire.
Sentiva una presenza inquietante e non sapeva da dove veniva.
Non sapeva nemmeno se si poteva definire presenza oppure sensazione di qualcosa di remoto e lontano, qualcosa che sarebbe accaduto in futuro.
Non era agitato però, stranamente aveva ritrovato la sua calma e non sapeva perché.
Lentamente ritornò alla piccola casa di Venla, dove trovò Anakin sveglio intento a fare colazione con Siri: stavano bevendo uno strano liquido bianco fumante, insieme a del pane appena sfornato.
“Tutto bene, maestro?”
“Sì e tu piccolo padawan?” chiese affettuosamente, sedendosi di fianco a lui su una panca di legno nero.
“Sì, mi fanno male le ginocchia però. Non riesco a camminare”
“Hai fatto un volto di non so quanti metri*, quindi è normale che ti facciano male le ginocchia, ma vedrai presto starai meglio” sussurrò scompigliandogli i capelli dorati.
“Padawan? Che strano modo di rivolgersi ad un figlio” disse Venla, sorbendo anch’essa lo strano liquido caldo.
Anakin spalancò gli occhi fissando incredula l’anziana di fronte a lui e fece per parlare, ma Obi-Wan gli si avvicinò di più, sussurrandogli all’orecchio “Ti prego, fai come quella volta in missione, ricordi?”
“D’accordo maestro” replicò a voce bassissima.
“E’ un termine affettuoso di Coruscant” si affrettò a dire Siri.
“Capisco. Vuole anche lei un po’ di latte, mio giovane amico?” domandò Venla parlando sempre con il linguaggio dei segni.
Il giovane generale annuì, prendendo in mano la piccola tazza di legno, che la sacerdotessa gli aveva riempito.
“Vi siete sposati molto giovani” disse ancora l’anziana donna “Il piccolo sarà nato quando avrete avuto sì e no sedici anni” aggiunse con un sorriso malizioso.
“Non potevamo aspettare” replicò Siri sorridendo con amore ad Obi-Wan.
Quest’ultimo arrossì violentemente mentre Anakin sorrise divertito.
Era davvero tutto molto strano e nel contempo famigliare.
Sì, famigliare.
Non aveva proprio l’impressione che il suo maestro e Siri fingessero.
Sembravano così naturali.
Si amavano per davvero?
Era probabile.
Venla si alzò dal tavolo, andando a lavare la sua ciotola in silenzio.
Quando tornò, sorrise a tutti loro, di nuovo con quel suo sorriso malizioso e ingenuo.
“Scusate devo andare, è l’ora della preghiera mattutina” disse di nuovo con il linguaggio dei segni.
“Aspetti … ma come … come potete sentire la musica se siete sordi?” domandò Siri con una certa dose di sfacciataggine che subito la fece arrossire.
“Chi le ha detto che siamo sordi mia giovane amica? E poi anche se lo fossimo, la musica si può sentire anche tramite la Forza, non solo con le orecchie” sorrise di nuovo, stavolta con un sorriso misterioso e quasi inquietante.
Nessuno ebbe il coraggio di rispondere e la donna uscì silenziosa dall’abitazione.
“Ma … perché devo fingere di essere vostro figlio?” chiese immediatamente Anakin, non appena la porta si chiuse.
“Ieri stavi male e loro han creduto che fossimo sposati e che tu fossi nostro figlio. Glielo abbiamo lasciato credere, era l’unico modo per … per far sì che ci aiutassero e ora che ci credono una famiglia, non ci resta che proseguire, almeno finché staremo qui” balbettò la giovane maestra Tachi, assai imbarazzata.
Aveva l’impressione che il piccolo padawan sapesse tante, troppe cose.
“Potremmo restarci a lungo” disse a mezza voce Obi-Wan mangiando lentamente il pane morbido e friabile.
“Come sarebbe a dire?” domandò Anakin, impallidendo.
Aveva ancora il viso coperto di graffi e cicatrici e si vedeva che aveva ancora la febbre.
“Sarebbe a dire che ieri sera siamo entrati da una grotta e oggi quella grotta non c’è più, anzi è come se non ci fosse mai stata” mormorò con una calma glaciale il suo maestro.
“E lo dici con questa flemma? E ora come ce ne andiamo?” replicò Siri, agitandosi all’istante.
“Non è innervosendoci che troveremo il modo di andarcene. Ora Anakin tu stai ancora male, quando guarirai, penseremo a come andarcene” mormorò il jedi, sorridendo dolcemente.
“Sì, hai ragione, anche se pensavo, potrei andare in giro e vedere se posso trovare un altro ingresso … magari puoi esserti sbagliato “ fece la maestra Tachi, tormentandosi i capelli.
“Forse … è un’idea”
“Io non posso far nulla?”
“No, Anakin, devi solo pensare a guarire.”
“Sei preoccupato per me?”
“Sì, che domande fai?” a pensarci bene non era poi così ovvio per Anakin.
Il piccolo padawan sorrise, mentre un’ombra strana gli velò gli occhi.
Il suo maestro gli voleva bene?
Non lo considerava solo un obbligo?
Un dovere?
Un fastidio?
Non lo sapeva.
Eppure ora sembrava realmente preoccupato.
“Allora cercherò di star meglio per te”
“Bravo, piccolo” disse Siri sorridendogli con affetto.
In quel momento qualcuno bussò alla porta.
“Avanti”
La porta d’ingresso si aprì ed entrò un uomo, di media statura, né grasso né magro, con delle lunghe antenne nere che partivano dalla testa e scendevano fino alla vita.
Aveva una carnagione violacea e degli occhi verdi, molto profondi, ma la pupilla era quasi dello stesso colore della pelle.
Indossava un elegante abito nero, che si confondeva con le antenne, lungo fino ai piedi.
Sembrava una tunica regale.
Era di una stoffa molto fine ed elegante, per nulla sobria.
Somigliava ai vestiti che indossava il cancelliere supremo Palpatine.
Pensando a questo sia a Siri che ad Obi-Wan venne un brivido lungo la schiena, anche se non riusciva a spiegarsene la ragione.
Quell’uomo indossava vestiti simili al cancelliere, no?
In fondo Palpatine era una brava persona.
“Buon giorno a voi stranieri, sono il borgomastro di questo villaggio. Il mio nome è Aslak Niemi “
Siri ed Obi-Wan si alzarono in segno di rispetto, mentre il piccolo Anakin, non potendolo fare, chinò il capo.

“Buon giorno signor Niemi” mormorò il generale Kenobi stringendogli la mano “Io sono il maestro jedi Obi-Wan Kenobi, questa è mia moglie Siri, anch’essa maestra jedi e lui è il nostro figlio Anakin”
Il suo allievo rimase di stucco nel sentire con quanta naturalezza Obi-Wan aveva pronunciato quelle parole, non sembrava affatto che dicesse una bugia, sembrava le pensasse realmente.
Ma cosa stava succedendo?
“Buon giorno signori Kenobi, è un piacere avervi nella nostra piccola comunità. Spero che stiate bene, la nostra Venla ci ha detto che eravate feriti”
“Sì, siamo rimasti feriti tutti e tre, nostro figlio è quello che sta peggio, come potete vedere”
L’uomo si avvicinò al bambino, osservandolo con interesse.
Anakin, dal canto suo, si sentiva quasi intimidito, quasi sotto esame come la prima volta che aveva messo piede nella sala del Consiglio jedi.
“Ciao piccolo Kenobi” mormorò con gentilezza Aslan allungandogli la mano.
“Piccolo Kenobi???” pensò il giovane padawan arrossendo fino alle radici dei capelli.
“Buon giorno signor Niemi” balbettò poi ad alta voce.
“Come ti senti?”
“Un po’ stanco e dolorante, volevo ringraziare tutti voi per la vostra gentilezza”
“E’ un dovere, piccolo Kenobi”
Se quell’uomo avesse continuato a chiamarlo in quel modo non sapeva se sarebbe svenuto, se avrebbe iniziato a ridere o piangere istericamente.
Dal canto suo il suo maestro era preda di pensieri più o meno simili, solo che lui era sicuro che avrebbe presto iniziato a ridere a crepapelle.
“Spero che abbiate tutto ciò che vi occorre qui”
“Grazie, sì.” rispose Siri, anch’essa imbarazzata dalla situazione.
“Ora me ne vado, non voglio disturbarvi data la vostra situazione, volevo informarvi delle vostre condizioni di salute, nei prossimi giorni vi porterò l’elenco di leggi che regolano la nostra piccola comunità”
“La ringrazio, è davvero gentile” replicò ancora la maestra Tachi, mentre Obi-Wan cercava di mantenere la sua glaciale calma per non scoppiare a ridere.
Non riusciva a smettere di pensare a come quell’uomo aveva chiamato il suo padawan!
“Una cosa, però posso dirvela subito. Qualunque straniero arrivi nella nostra piccola comunità, è tenuto a rimanervi. La nostra società deve rimanere segreta”
Sia Siri che Obi-Wan che Anakin lo fissarono interdetti, incapaci di proferire parola: dovevano rimanere confinati lì per sempre?
Non potevano farlo, non volevano farlo, ma si rendevano drammaticamente conto di non avere nessuna scelta.
Quantomeno in quel momento.

Su Dantooine, intanto, Barris era ancora confinata nel suo letto, incapace di muovere un passo.
Il suo soccorritore si faceva vedere poco e parlava ancora meno, limitandosi a chiedere come stava, a portarle il cibo e cambiarle le bende
Avevano ucciso Aayla, la sua cara amica e chissà dov’era la sua maestra Luminara: avevano ucciso anche lei?
Temeva di sì, visto che aveva sentito un forte sbalzo nella Forza, come se le fosse mancata l’aria poco prima dell’aggressione.
Non gli aveva nemmeno detto come si chiamava.
Era stufa di stare lì, voleva sapere che fine aveva fatto i suoi compagni, se la guerra continuava.
Aveva l’impressione di essere rimasta sola al mondo.
Avevano forse ucciso tutti i jedi?
Sentiva ancora la presenza di qualcuno, ma era molto flebile e lontana.
Chissà che fine avevano fatto su Mon Calamari gli altri?
Mace Windu, Adi Gallia, Siri Tachi, Obi-Wan Kenobi e Anakin Skywalker … erano forse morti anche loro?
E Yoda?
Non riusciva a levarsi dalla testa quella sensazione di vuoto.
Con un enorme sforzo di volontà si alzò dal letto e andò a vedere alla finestra.
C’era una grossa tendina scura.
E non si sentivano i rumori di fuori.
“Vedo che è molto testarda, signorina jedi”
“Mi chiamo Barris e lei?”
“Kavel Lamar”
Barris lo fissò sconvolta.
“E’ forse discendente dell’antico maestro jedi Vrook Lamar?”
A quelle parole Kavel si voltò stizzito.
“Non penso proprio” mormorò con disprezzo “Qui ci sono molte persone che hanno come cognome Lamar e non c’entrano con voi jedi”
“Perché ci odia così tanto?”
“Perché ho visto con i miei occhi i jedi portar via ai loro genitori, i bambini appena nati, ignorando ogni protesta, ogni lacrima, ogni pensiero diverso dal loro”
Barris abbassò la testa.
“Mi spiace”
“Mio fratello maggiore era potente nella Forza, fu portato via appena nato: non l’ho mai conosciuto”
“Mi spiace, mi spiace veramente tanto”
“Lo so, ne sono convinto, ma i miei genitori ed io abbiamo sofferto lo stesso”
“Non ricordo un altro Lamar …”
Kavel abbassò la testa, sedendosi sul letto, continuando a tenere in mano il vassoio del cibo.
“Era più grande di me di almeno quindici anni … mia madre, dopo il rapimento, perché per lei era tale, soffrì di un blocco, sembrava essere diventata sterile”
La giovane Offee si avvicinò, gli levò il vassoio dalle mani, poggiandolo sul letto, e strinse le dita nelle sue.
Non disse nulla, non c’era molto da dire a parole, preferiva i gesti.
Fuori dalla finestra un’ombra furtiva si allontanò velocemente mormorando.
“La pagheranno Kavel, giuro che la pagheranno” mormorò l’ombra furtiva, sparendo nella notte.

Fine Capitolo VII

*Come già detto in “Scambio di identità”: lo so in “Star Wars” non si usano i metri!

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Amministratore - Il più grande esperto di "imperialità" di questa galassia (dai, forse giusto dopo Palpatine), divora con passione fin dalla tenera età ogni cosa che riguarda Star Wars. Vive e lavora a Londra.
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