Visioni dal futuro – Capitolo V

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Capitolo V

La grotta si faceva sempre più stretta e buia, anche se in lontananza continuava a filtrare una piccola luce. Obi-Wan e Siri non riuscivano a parlare, continuando a mantenere lo sguardo fisso sul corpo esanime del piccolo Skywalker, il cui unico segno di vita era dato dal respiro flebilissimo.

Per il resto il suo corpo pareva un campo di battaglia, in particolare le ginocchia, completamente coperte di sangue da impregnare i vestiti logori, e il viso, stracolmo di escoriazioni e ferite.

I due robusti twi’ lek che lo trasportavano non si erano voltati nemmeno una volta, camminavano e basta, solo la misteriosa anziana stava vicino al ragazzino, pulendogli, come meglio poteva, il volto.

Tutto era strano e surreale per i due giovani jedi, che, pur essendo abituati a confrontarsi con civiltà diverse dalla loro, erano impietriti da quella strana popolazione, che viveva nel silenzio più assoluto.

Che fossero twi’ lek non c’era alcun dubbio, almeno a giudicare dal loro aspetto particolare e dal fatto che parlassero solo tramite il linguaggio dei segni, tuttavia continuava ad esserci qualcosa che non andava.

Il consiglio non aveva mai parlato del fatto che su Mon Calamari ci fosse una colonia sotterranea di twi’ lek. Certo Mon Calamari era un pianeta dell’orlo esterno e si sapeva sempre molto poco dei sistemi lontani da Coruscant.

Ad Obi-Wan non è che importasse poi molto chi fossero realmente i loro misteriosi soccorritori, l’importante era che salvassero il suo giovane allievo, non aveva in mente altro e se si era lasciato convincere a fingere di essere il padre del ragazzino e il marito di Siri, da quest’ultima, era proprio perché Anakin avesse salva la vita.

Il resto, tutto il resto, passava decisamente in secondo piano.

Non era un comportamento da jedi, lo sapeva, ma in quel momento delle regole, dei dogmi e di quant’altro fosse tipico dei jedi, non gliene poteva importare di meno.

Vedeva solo un ragazzino inerme, coperto di ferite, vicino alla morte e tutto perché… perché… già perché? Avrebbe mai avuto una risposta a quella domanda? Temeva di no.

Un brivido gelato gli correva lungo la schiena… sentiva l’odore della morte… il gelo della morte… come tre anni prima.

Qui-Gon lo aveva lasciato solo, in compagnia di un ragazzino che conosceva appena, ma a cui aveva voluto bene all’istante, non aveva potuto farne a meno.

Era stata la sua ragione per continuare a vivere, per lottare, per credere.

Ora non poteva… non poteva perdere anche lui.

Due piccole dita gli sfiorarono il dorso della mano.

Un tocco leggero… nient’altro.

Alzò lo sguardo, incrociando quello azzurro di Siri, che in quella penombra, pareva di uno strano grigio.

Lei gli sorrise appena, non dicendo nulla.

Lei lo amava ancora… perché?

Anche a questa domanda non avrebbe avuto risposta, ma, in questo caso, gli importava meno.

Uno strano suono interruppe il flusso dei suoi pensieri… un suono che pareva provenire dalla stessa direzione da cui veniva la luce.

Sembrava il suono di un’arpa… anzi di diverse arpe.

Aveva udito la musica di quel particolare affascinante strumento tempo fa, in una missione con Qui-Gon, in un altro dei tanti pianeti dell’orlo esterno.

Non ricordava né il nome del pianeta né lo scopo della missione, solo il suono di quello strumento.

Era una donna che lo suonava a quei tempi… una donna dalla… dalla pelle rossa e dagli occhi chiari, sembravano quasi trasparenti.

Indossava un leggerissimo abito azzurro chiaro, che le segnava moltissimo il corpo flessuoso e morbido.

Al posto dei capelli, le solite lunghe antenne.

Era appartata in un angolo dell’immenso palazzo reale di quel pianeta, su un minuscolo scranno d’oro bianco e suonava.

Non le importava nient’altro che di suonare.

Il suono che stava udendo adesso era così simile a quello di allora… che fosse lo stesso tipo di musica? Non è che si intendesse molto di certe cose, però gli sembrava lo stesso.

Un leggero lamento gli fece spostare lo sguardo di nuovo sul corpo inerme di Anakin.

Si avvicinò di scatto, quasi scostando l’anziana, che non diede segno di essere infastidita dal comportamento.

“Anakin… sono qui… non ti lascio andare…”

Il ragazzino reclinò leggermente il capo sulla destra, quasi a tendersi verso di lui, mentre finalmente il suo viso parve rilassarsi.

La musica, nel frattempo, aumentò di intensità, rimanendo comunque ad un volume basso.

“Chi è che suona?” domandò Siri all’anziana. Questa le sorrise, iniziando a parlarle tramite i segni.

“Le nostre sacerdotesse… è l’ora della preghiera…”

“Sacerdotesse?”

“Sì…”

“Per il vostro dio?”

“Non proprio… suoniamo per evocare la Forza Vivente…”

Obi-Wan e Siri spalancarono gli occhi, completamente impietriti.

“Credete nella Forza?”

“C’è forse qualcuno che non lo fa?”

“Sì, qualcuno c’è…”

Suonavano le arpe per evocare la Forza Vivente… che cosa curiosa e anche decisamente affascinante si ritrovò a pensare il giovane Kenobi, sempre più scombussolato da quella situazione strana.

Nessuno al tempio gli aveva mai detto che si poteva evocare la Forza Vivente suonando le arpe.

Anzi a ben vedere nessuno al tempio aveva mai suonato… nemmeno per i bambini.

Poggiò di nuovo il suo sguardo su Anakin.

Più la musica aumentava, più il volto del ragazzino si rilassava.

“E ci riuscite ad evocarla?” domandò più per curiosità, che per mancanza di fede.

“Giudicate voi…” fece la vecchia con uno strano sorriso indicandogli, con la mano destra, l’uscita della grotta da cui proveniva una grande luce.

Obi-Wan guardò il suo allievo, per assicurarsi che si stesse realmente calmando, e poi si decise ad oltrepassare quella soglia seguito da Siri.

Vi era una grande luce dappertutto.

Le pareti più alte era coperte di oro bianco e diamanti purissimi, che andavano a formare ognuno un disegno diverso.

Alberi da frutto.

Uccelli rapaci.

Tigri con zanne enormi.

Cerbiatti e cervi.

Serpenti minuscoli dall’aria quasi tenera.

Cascate e fiumi immensi.

Al centro di quelle mille forme, vi era un grandissimo sole, da cui pareva provenire la luce che illuminava quel luogo.

In basso vi erano migliaia di casa in legno e paglia, circondate da piccoli giardini stracolmi di fiori e frutti.

L’unica costruzione in pietra era un tempio cilindrico, che svettava su tutto il resto.

In cima era decorato di oro e diamanti, i quali formavano anch’essi dei disegni, ma in questo caso erano soprattutto disegni di strumenti musicali come arpe e violini.

Gli uomini e le donne passeggiavano per le strade con una serenità palpabile, tenendo per mano i loro bambini.

Tutto sembrava pace e armonia.

“Che posto è mai questo? Nelle cartine di Coruscant non esiste…” balbettò Siri, continuando a posare gli occhi da un posto all’altro.

“Perché noi, ufficialmente, non esistiamo” gli rispose l’anziana con il linguaggio dei gesti “A proposito io mi chiamo Venla, sono la sacerdotessa madre del tempio…”

“In che senso voi non esistete?Chi siete?” domandò Obi-Wan

“Lo sapete già, miei giovani amici”

I due giovani jedi si fissarono negli occhi sconvolti, pensando che la donna fosse un tantino eccentrica.

In che senso lo sapevano già?

I due uomini che tenevano la lettiga con sopra Anakin, nel frattempo, erano usciti dalla grotta e si stavano dirigendo verso una delle case.

“Dove lo portate?” chiese il giovane Kenobi, avvicinandosi al suo allievo.

“Starà bene, mio giovane amico. Cercate di fidarvi di noi…” replicò Venla sorridendogli, di nuovo con quel suo strano misterioso sorriso.

“ E perché dovrei?”

“Sapete anche questo…”

“Voi avete detto… avete detto che questa è l’ora della preghiera… ma… ma…” domandò Siri.

“Siamo venuti a cercarvi durante l’ora della preghiera… e allora? Abbiamo sentito che c’erano delle persone in pericolo e abbiamo pensato che fosse più importante salvarvi… abbiamo fatto male?”

“Certo che no, solo… “balbettò incredulo Obi-Wan.

Non c’era nulla di male in quello, anzi, solo che… solo che… c’erano pochi jedi che avrebbero infranto le procedure per andare a salvare qualcuno.

“Non siamo vicini alle persone… non come dovremmo…”

“E’ un bene che il prescelto venga da una famiglia qualunque…”

“Suonano le arpe per evocare la Forza Vivente…”

Obi-Wan sfiorò il viso del suo padawan con una carezza, poi si staccò lasciando che i due twi’ lek lo portassero nella casa più vicina, che, se ne accorse solo in quell’istante, aveva una strana incisione sulla porta.

Sembrava una scritta antica.

“E’ la mia casa, mio giovane amico. Dove curo le persone che stanno male… ora venite. Aiuterò voi, vostra moglie e vostro figlio”

Il giovane jedi assentì, seguendola nella casa insieme a Siri.

Quella situazione era sempre più paradossale.

Da una parte quella donna sembrava sapere molto della Forza Vivente, molto di loro, ma non aveva dubitato nemmeno per un secondo che lui e Siri fossero sposati e che Anakin fosse loro figlio.

L’interno dell’abitazione era fatto di legno scuro, non era molto grande, ma era decisamente elegante come posto.

Alle pareti vi erano diversi monili e quadri, raffiguranti giovani e vecchi che suonavano arpe e violini vicino a delle cascate e dai fiumi.

Vi erano diverse sedie, nessuna uguale all’altra, una quadrata, una esagonale, una rossa e una blu.

Vi erano anche diverse poltrone, anch’esse di vario tipo.

Una bianca piccolissima, dove poteva starci solo un neonato.

Una grande, marrone scuro, stracolma di cuscini verdi e rossi ricamati.

Il tavolo era rotondo, di legno chiarissimo, pieno di incisioni, raffiguranti diversi uccelli.

Vi era anche un grosso mobile di uno strano materiale verde scuro, decisamente indecifrabile, dove vi erano unguenti, bende, alcool, guanti e svariati tipi di disinfettanti e tutto quanto era perfettamente sigillato.

Venla e i suoi aiutanti poggiarono il corpo di Anakin su un grande letto, semi nascosto dalle poltrone.

Gli levarono i vestiti, levandogli per bene il sangue che aveva dappertutto.

Le ferite più gravi erano quelle delle ginocchia, molto profonde.

“Vostro figlio ha perso molto sangue, ma ce la farà… “

“Grazie…” replicò Siri stringendo la mano ad Obi-Wan che fissava il volto sofferente del ragazzino con sguardo attonito.

Ora che aveva superato la sorpresa di quel luogo così particolare, la sua mente era tornata a concentrarsi completamente su quanto stava accadendo ad Anakin.

Sentiva la verità nelle parole di Venla, eppure aveva uno strano timore, come se ci fosse altro.

“Come si chiama vostro figlio?”

“Anakin…”

“Colui che può rendere possibile l’impossibile… nome decisamente adatto alla circostanza” fece uno dei due uomini che stava suturando le ferite al ragazzino.

“Cosa volete dire?” mormorò il giovane jedi avvicinando a tre twi’ lek “Mi state nascondendo qualcosa?”

“Non vi stiamo nascondendo nulla, mio giovane amico… voi già sapete tante cose… non c’è bisogno che ve le diciamo…” replicò l’anziana sacerdotessa, con il suo tenero sorriso.

“Smettetela di parlare per enigmi!”

Era decisamente esasperato e non era certo in grado di usare la sua ben nota razionalità in quei momenti.

Eppure ci era sempre riuscito.

Anzi sarebbe stato meglio dire che fino a poche ore prima ci era riuscito, poi quando la cannoniera era andata in pezzi, il suo io si era smarrito.

Venla lo prese per mano, facendolo sedere sulla grande poltrona marrone scuro.

“Anche voi avete bisogno di essere curato, mio giovane amico. So che molte cose sono nuove per voi, ma presto capirete…”

La donna aveva parlato con il suo solito linguaggio dei gesti, iniziando a pulirgli le ferite sulle mani e sul viso.

“In che modo?”

“Cos’avete fatto prima?”

“Prima quando?” sussurrò Obi-Wan, tenendo sempre lo sguardo fisso sul suo padawan.

“Quando avete salvato vostro figlio”

“Mi state dicendo che la razionalità è sbagliata?”

“No… vi sto dicendo di affidarvi alla Forza, come avete fatto prima…ora scusatemi ma vorrei curare anche vostra moglie. Lì nell’armadio trovate dei vestiti puliti e laggiù in fondo c’è uno stanzino dove potrete cambiarvi…”

Obi-Wan annuì, prese alcuni abiti puliti dall’armadio e andò a chiudersi nello stanzino.

Era nervoso e inquieto e detestava sentirsi così, aveva bisogno di tornare il pacato e razionale Obi-Wan, prima di tutto per se stesso.

Sapeva che non sarebbe stato di molto aiuto anche altri, specialmente a Siri ed Anakin, se continuava ad essere così agitato; dopotutto un conto era affidarsi all’istinto, un conto esserne in balia.

Si sciacquò il viso con l’acqua fredda del lavabo e quel gelo contribuì non poco a calmargli i nervi.

Siri si guardava intorno spaesata.

Le ferite non le facevano molto male, dopotutto erano lievi.

Il problema era….  era…  eh già qual era il problema?

Forse quella persone così particolari?

No, in fondo, avendo girato la Galassia fin da bambina, aveva conosciuto tantissimi tipi di persone.

Era forse perché loro conoscevano la Forza Vivente?

Sicuramente no. Quasi tutti gli esseri viventi conoscevano la Forza… Certo era ben strano che cercassero di evocarla tramite la musica… ma in fondo non così strano… oppure sì?

Non ci capiva più niente.

E, da quello che percepiva, Obi-Wan era ancora più spaesato di lei.

Era incredibile anche solo pensarlo, eppure era vero: il razionale e controllatissimo generale Kenobi era completamente sconvolto.

La giovane donna si alzò, avvicinando al corpo inerme del piccolo Anakin.

Sembrava così fragile in quel frangente.

Era abituata a vederlo vispo, agitato e sicuro di sé, non immobile e spaventato in un lettino.

Gli prese la mano, stringendola nelle sue.

“Perché ci aiutate?”

“E’ singolare che proprio voi, una jedi, mi facciate questa domanda…”

“Cosa volete dire?”

“I jedi non aiutano forse le persone in difficoltà?”

“Sì…” la sua naturale onestà le fece subito aggiungere “ Dovremmo sì, ma non sempre lo facciamo”

“E non sempre lo facciamo perché non possiamo…” mormorò alle sue spalle Obi-Wan.

E subito nella sua mente si affacciò il ricordo di quando aveva saputo che nella Repubblica ancora esisteva la schiavitù.

Ne aveva parlato al Consiglio, ma nessuno di loro aveva battuto ciglio.

Aveva lasciato l’Ordine disgustato ai tempi, per poi ritornarvi con la coda tra le gambe, diventando il più ligio dei jedi dell’ordine.

Perché era ritornato nell’Ordine?

Perché ci credeva malgrado tutto, perché sapeva che senza l’aiuto dei jedi la Galassia sarebbe precipitata nelle Tenebre.

Guardò Venla, Siri e il piccolo Anakin, ancora incosciente, ma tranquillo.

Tutti loro credevano in ciò che credeva lui.

Lo sapeva.

Il resto non contava.

Fine Capitolo V

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Amministratore - Il più grande esperto di "imperialità" di questa galassia (dai, forse giusto dopo Palpatine), divora con passione fin dalla tenera età ogni cosa che riguarda Star Wars. Vive e lavora a Londra.
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