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Decreto per il Rafforzamento e l'Estensione della Sicurezza

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Il soggetto di questa voce è apparso nell'era dell'ascesa dell'Impero.
"Già, ora hanno fatto questa stupidata del Decreto di Sicurezza. Le cose stanno diventando difficili. Se anche pensi in modo sbagliato sei in pericolo."
―Dexter Jettster[fonte]

Il Decreto per il Rafforzamento e l’Estensione della Sicurezza era una legge passata dal Senato Galattico durante le Guerre dei Cloni (nel 21 BBY circa), a seguito di un attacco pirata contro la nave del Senatore Bail Organa e della distruzione della Star of Iskin, che trasportava l’ex Cancelliere Finis Valorum. Si scoprì successivamente che entrambi gli attacchi erano stati orchestrati da Darth Sidious per poter continuare a limitare le libertà degli organismi istituzionali della Repubblica e rafforzare l’autorità del Cancelliere.

Tanto il Senato quanto il Comitato Lealista erano profondamente divisi sul decreto. Ask Aak tenne un infervorato discorso sulla necessità di proteggere al meglio i cittadini della Repubblica dalle minacce dei loro nemici, mentre Bail Organa pronunciò un’appassionata orazione denunciando le gravi limitazioni imposte dal decreto; quest’ultimo venne però fischiato da gran parte del Senato e alcuni senatori lo accusarono pure di tradimento. Infine, la maggioranza del Senato approvò il decreto.

Il decreto concedeva al Cancelliere Supremo alcuni dei poteri normalmente affidati al Senato e limitava alcune libertà e diritti dei cittadini, fra cui quello della privacy: le autorità militari erano libere di condurre ricerche personali, perquisizioni e anche confische senza mandato, ed ogni limite all’uso dei droidi d’osservazione era soppresso. Inoltre, introduceva la pena capitale per i pirati spaziali.

Dopo la Battaglia di Cato Neimoidia, che vide la caduta dell’ultima fortezza separatista interna, il Comitato Lealista chiese a Palpatine di abrogare il decreto. Il Cancelliere rispose che solo il Senato aveva il diritto di fare questo e che lui si sarebbe rimesso alla volontà del Congresso, senza imporre il suo volere personale su quello collettivo.