Distruzione di Taris: differenze tra le versioni
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Versione delle 17:56, 1 lug 2010
- "Spazzate via questo patetico pianeta dalla faccia della Galassia!"
- ―Darth Malak[fonte]
La distruzione di Taris, chiamata impropriamente anche Battaglia di Taris, fu un efferato atto compiuto dal Signore Oscuro dei Sith, Darth Malak, contro il pianeta Taris, per evitare che la Padawan Bastila Shan potesse fuggire dal pianeta.
Svolgimento
Antefatto
Fuggiti dall’Endar Spire, abbordata dai Sith in un’imboscata qualche giorno prima, Revan e Carth Onasi riuscirono a rintracciare la Padawan Bastila Shan e a liberarla dalla banda criminale dei Vulkar Neri, che la avevano rapita e avevano intenzione di darla in premio al vincitore di una gara di swoop. Tuttavia, anche le truppe d’assalto Sith avevano avviato rastrellamenti e precise ricerche per trovarla; ricerche che si erano costantemente rivelate infruttuose. Malak, che giunse nell'orbita di Taris a bordo del Leviathan, decise che non poteva rischiare la fuga della Jedi e ordinò la distruzione completa dell’unica città del pianeta.
Nel frattempo, Revan ed i suoi compagni riuscirono ad infiltrarsi nella tenuta di Davik Kang, il capo locale dello Scambio, e a rubare il suo vascello, l’Ebon Hawk. A bordo di questo, si diedero alla fuga.
Il bombardamento
Una volta posizionatasi, la flotta Sith iniziò a bombardare a tappeto il pianeta, senza riguardo per le stesse truppe che si trovavano ancora lì. Essendo controllato dai Sith, le cui guarnigioni vennero colte totalmente impreparate dal bombardamento orbitale, Taris non oppose alcuna resistenza. Il bombardamento causò danni pesantissimi: i raffinati palazzi della Città Alta crollarono rapidamente, la Città Bassa non venne risparmiata dai proiettili dei turbolaser e gli stessi Bassifondi soffrirono la caduta di macerie dall’alto. Ovunque divamparono incontrollabili incendi. Numerosi sbarramenti di Sith fighter abbatterono qualunque vascello tentò di lasciare il pianeta, senza alcun riguardo, per evitare che la Bastila potesse scampare al bombardamento.
L’Ebon Hawk riuscì a fuggire dalla tenuta di Kang appena in tempo, mentre veniva bersagliata da alcuni colpi. Il vascello si lasciò alle spalle il palazzo che franava e, grazie alla propria velocità e agilità, riuscì a superare lo sbarramento di turbolaser, a sfuggire ai Sith fighter e a saltare nell’iperspazio. Furono pochissimi coloro che riuscirono a fuggire: fra di loro, il famigerato cacciatore di taglie Calo Nord, che sarebbe stato successivamente reclutato dagli stessi Sith.
Quando la città era ormai in rovina, l’Ammiraglio Saul Karath si recò al cospetto di Darth Malak e lo informò che il bombardamento era quasi completato, probabilmente in cuor suo sperando che la carneficina avrebbe finalmente avuto fine. Invece, il Signore Oscuro ordinò di riprendere il bombardamento e di annientare completamente ciò che rimaneva della città.
Epilogo
La distruzione di Taris, il cui numero di morti non fu mai confermato – salvo il fatto che crebbe continuamente –, sortì effetti contrari in tutta la Galassia. Certi pianeti ancora liberi si unirono subito spontaneamente all'Impero Sith, temendo che un’azione simile fosse perpetrata anche contro di loro; altri, invece, rafforzarono la loro volontà di resistere. Tale efferato atto mostrò a che livelli potesse giungere la crudeltà di Darth Malak.
L’effetto del bombardamento fu tale che Taris rimase pressoché disabitato per millenni. Ai tempi della Guerra Civile Galattica, nuovi coloni avevano ricostruito gran parte della città, ma la Galassia ed i Tarisiani in particolare non dimenticarono mai quel terribile giorno in cui i Sith decisero di mostrare all’universo tutta la loro efferatezza.